Quali sono i tratti principali degli italiani agli occhi del resto del mondo?
Estro e genialità accompagnati da uno stile unico. I geni sono spesso contraddittori e gli italiani non sono da meno.
Nel Conte di Carmagnola, Manzoni definendo una rivoluzione ha sottolineato come di rivoluzione non si possa parlare in assenza di spargimenti di sangue. Non ci può essere una vera evoluzione senza un processo catartico doloroso e sanguinario. La rivoluzione francese non s’è compiuta finchè la ghigliottina non ha reciso i legami con il pregresso. La rivoluzione maoista ha sostituito la ghigliottina ma ha seguito un percorso analogo, come la rivoluzione bolscevica o per essere più attuali la Libia o la Tunisia. Come se il sangue lavasse le colpe e permettesse una sorta di pacificazione collettiva.
Poi ci sono le rivoluzioni all’Italiana. Il sangue è solo metaforico ma è pur sempre sangue. L’anomalia sta nel fatto che a differenza degli altri casi citati, l’elemento cruento della sommossa non solo non pacifica ma peggio, aizza e fomenta ancora più le fazioni a coltivare odio reciproco.
Il 24 Giugno Silvio Berlusconi è stato condannato in primo grado a 7 anni di reclusione nell’ambito del processo diffusamente conosciuto come Rubygate. Il tribunale di Milano ha comminato una pena addirittura superiore a quella richiesta dal PM quasi interpretando la sete di “giustizia” popolare che da ormai un ventennio attende di vedere l’ex premier alla gogna. Ascoltando commenti ed analisi sulla sentenza ho avuto una sensazione di deja-vu. Gli italiani sono dei talentuosi mediatori, un popolo che predilige la concertazione e la condivisione piuttosto che l’azione autoritaria. Eppure spesso si comportano come i più agguerriti forcaioli.
Il deja-vu m’ha riportato indietro nel tempo a diversi casi assimilabili. Di recente si è ricordato il caso Tortora coinvolto in un caso giudiziario folle che lo ha gravemente minato nel corpo e nello spirito. Eppure non sono certo mancati i forcaioli che hanno esultato vedendo un potente nella polvere. Allo stesso modo, pur essendo ogni vicenda giudiziaria una vicenda a se stante in altri casi: il caso Sofri, il caso Andreotti, le inchieste su Ottaviano Del Turco o su Calogero Mannino o ancora la vicenda Necci o la più recente indagine a carico di Luigi Bisignani. Alcuni di questi uomini sono stati riconosciuti colpevoli di quanto veniva loro contestato, altri prosciolti ma c’è un filo comune che li unisce. La “riabilitazione” postuma. Guai a chi non riconosce i successi e i meriti di manager a Lorenzo Necci o l’integrità morale di Mannino, la statura politica di Andreotti o le qualità politiche e strategiche di Bisignani. Prima linciati e poi con “geniale estro” riabilitati. Allora a che pro il sangue versato? Che le persone coinvolte mirino al recupero della propria immagine e dignità e cosa comprensibile e condivisibile. Ma i forcaioli? La sensazione è che si sia tutti pronti a scagliare la prima pietra ma poi il timore di poterci trovare un giorno, noi, al posto dell’imputato ci spinga ad andare a recuperare in fretta e furia la pietra scagliata ed a cancellare ogni traccia delle nostre azioni.
Il caso Idem di questi ultimi giorni è sintomatico. L’atleta-ministro è stata indotta presentare le dimissioni dal suo incarico per delle irregolarità fiscali, che ha riconosciuto e che s’è dichiarata pronta a sanare. Eppure i forcaioli, estrosi e geniali hanno preteso la loro razione di sangue, salvo poi impegnarsi loro stessi per primi a trovare soluzioni alternative che però diano lo stesso risultato, non pagare o pagare meno tasse possibili. Non ho elementi per esprimere un’opinione su Josefa Idem come ministro, perché troppo breve è stata la sua esperienza, ma ho elementi in abbondanza per rilevare che se le dimissioni siano da considerarsi giuste e doverose, l’Italia può mettersi l’anima in pace e disertare ogni futura tornata elettorale. Quale italico campione di rettitudine può definirsi certo che pur essendo retti non abbia mai commesso un’irregolarità? Le rivoluzioni chiamano sangue a cui segue la pacificazione. Se noi continuiamo a invocare la forca non ci saranno più italiani da pacificare.
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