di Gianbattista Tagliani
Artur Baptista Da Silva sarà presto dimenticato e
per molti resterà sconosciuto ma merita una menzione speciale per il ruolo che
ha (potrebbe aver) avuto nel processo catartico che vive il sistema mediatico
planetario. Queste parole non vogliono suonare solo provocatorie. Nell'ultimo
biennio molto è accaduto e molto ancora deve accadere nell'evoluzione del mondo
delle news.
Prima lo scandalo News of the World, del Gruppo Murdoch, poi quello della BBC, più localmente il caso Sallusti e per chiudere Mr. Da Silva.
Cosa lega questi eventi?
Prima di tutto la cronica inosservanza dei principi deontologici cui ciascun giornalista si vincola dal momento in cui inizia ad esercitare la professione.
Tralasciando riflessioni escatologiche e considerazioni troppo astratte, è possibile sintetizzare gli eventi sopracitati come le più recenti dimostrazioni di quanto i professionisti dell'informazione stiano progressivamente evolvendosi in briganti 2.0, troppo distratti dall'analisi di share, quote di mercato e dati di raccolta pubblicitaria per poter essere oltre che fare i "professionisti". Estorcere o inventare scoop non è più una condotta scorretta e censurabile ma piuttosto è uno strumento di marketing finalizzato al profitto dell'editore oltre che delle stesse firme.
E Artur Baptista Da Silva che c'entra?
Questo Carneade portoghese ha il merito di esser riuscito a ridicolizzare i briganti 2.0, inventandosi un personaggio che ha saputo interpretare tanto bene da ingannare tutti. Nella società dell'informazione dove tutti sanno tutto di tutti, sempre e subito, nessuno ha pensato di fare la prima cosa richiesta ad un giornalista: verificare notizia e fonti.
Da Silva ha ridicolizzato anche Reuters (reuters.com/article/2012/12/15..).
Nessuno ha verificato che in realtà Da Silva non era un funzionario ONU, un Consulente della Banca Mondiale, tantomeno un professore universitario. Un ex compagno di cella l'ha riconosciuto, una volta conquistata la ribalta mediatica ed ha smascherato il "signore" con la spontanea tendenza alla truffa ed all'assunzione di fantasiose e false identità.
Nel frattempo però c'erano cascati tutti.
La stampa portoghese gli ha dato ampio risalto, la televisione anche di più. Da Silva era quasi diventato l'icona dell'opposizione all'austerity imposta dalla troika. La prima voce autorevole, in contrasto con le linne ufficiali, che venisse dall'interno di queste grandi istituzioni internazionali.
In conclusione, grazie Da Silva, grazie di aver schiaffeggiato spudoratamente i media con l'auspicio che un po di vergogna favorisca una vera rinascita dell'informazione e magari un codice deontologico universale della professione, conosciuto da tutti e rispettato da tutti
Prima lo scandalo News of the World, del Gruppo Murdoch, poi quello della BBC, più localmente il caso Sallusti e per chiudere Mr. Da Silva.
Cosa lega questi eventi?
Prima di tutto la cronica inosservanza dei principi deontologici cui ciascun giornalista si vincola dal momento in cui inizia ad esercitare la professione.
Tralasciando riflessioni escatologiche e considerazioni troppo astratte, è possibile sintetizzare gli eventi sopracitati come le più recenti dimostrazioni di quanto i professionisti dell'informazione stiano progressivamente evolvendosi in briganti 2.0, troppo distratti dall'analisi di share, quote di mercato e dati di raccolta pubblicitaria per poter essere oltre che fare i "professionisti". Estorcere o inventare scoop non è più una condotta scorretta e censurabile ma piuttosto è uno strumento di marketing finalizzato al profitto dell'editore oltre che delle stesse firme.
E Artur Baptista Da Silva che c'entra?
Questo Carneade portoghese ha il merito di esser riuscito a ridicolizzare i briganti 2.0, inventandosi un personaggio che ha saputo interpretare tanto bene da ingannare tutti. Nella società dell'informazione dove tutti sanno tutto di tutti, sempre e subito, nessuno ha pensato di fare la prima cosa richiesta ad un giornalista: verificare notizia e fonti.
Da Silva ha ridicolizzato anche Reuters (reuters.com/article/2012/12/15..).
Nessuno ha verificato che in realtà Da Silva non era un funzionario ONU, un Consulente della Banca Mondiale, tantomeno un professore universitario. Un ex compagno di cella l'ha riconosciuto, una volta conquistata la ribalta mediatica ed ha smascherato il "signore" con la spontanea tendenza alla truffa ed all'assunzione di fantasiose e false identità.
Nel frattempo però c'erano cascati tutti.
La stampa portoghese gli ha dato ampio risalto, la televisione anche di più. Da Silva era quasi diventato l'icona dell'opposizione all'austerity imposta dalla troika. La prima voce autorevole, in contrasto con le linne ufficiali, che venisse dall'interno di queste grandi istituzioni internazionali.
In conclusione, grazie Da Silva, grazie di aver schiaffeggiato spudoratamente i media con l'auspicio che un po di vergogna favorisca una vera rinascita dell'informazione e magari un codice deontologico universale della professione, conosciuto da tutti e rispettato da tutti
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